Il futuro della NATO nel Mediterraneo: sfide, incertezze e opportunità per l’Italia
INTRODUZIONE
Lo scorso luglio, il vertice NATO di Washington ha ribadito le priorità geo-strategiche dell’organizzazione, tra cui figura anche la regione mediterranea. Questo focus non è nuovo: la NATO ha storicamente riconosciuto l’importanza del Mediterraneo per la sicurezza europea, considerando questa area una componente essenziale della propria strategia.
L’EVOLUZIONE DEL DIALOGO MEDITERRANEO DELLA NATO
Nel dicembre 1994, undici mesi dopo il Vertice di Bruxelles che ha lanciato il Partenariato per la Pace, i Ministri degli Esteri della NATO decisero di istituire l’Iniziativa Mediterranea. Questo progetto, parte dell’adattamento esterno dell’Alleanza, mirava a estendere il nuovo approccio di cooperazione alla sicurezza ai Paesi non membri della NATO situati nel Mediterraneo. L’obiettivo principale era rafforzare la stabilità regionale attraverso contatti bilaterali e multilaterali. I ministri degli Esteri incaricarono il Consiglio Nord Atlantico in sessione permanente di “continuare a esaminare la situazione, sviluppare i dettagli del dialogo proposto e avviare gli opportuni contatti preliminari”, dando così vita al Dialogo Mediterraneo.
La NATO invitò inizialmente cinque Paesi – Egitto, Israele, Mauritania, Marocco e Tunisia – ad aderire al Dialogo Mediterraneo, seguito dalla Giordania nel 1995 e dall’Algeria nel 2000. Le attività si concentrarono su aree come informazione e stampa, pianificazione delle emergenze civili, gestione dello spazio aereo, scienza e ambiente, armi leggere e di piccolo calibro, gestione delle crisi e attività militari. Nel corso degli anni, e in linea con il suo carattere progressivo, il Dialogo Mediterraneo della NATO si è gradualmente rafforzato. Al Vertice di Washington del 1999, i Capi di Stato e di Governo della NATO, nell’approvare la seconda revisione del concetto strategico dell’Alleanza dalla fine della Guerra Fredda, decisero di rafforzare i due pilastri del Dialogo Mediterraneo: il dialogo politico e la cooperazione pratica.
Anche gli sforzi diplomatici congiunti sono stati notevoli: tramite un lavoro a livello di ambasciatori, vi sono stati numerosi sforzi per raccontare all’opinione pubblica come il nuovo approccio cooperativo alla sicurezza proposto dalla NATO possa essere di reciproco vantaggio per l’Alleanza e i Paesi della regione. La NATO, dunque, considerava il Mediterraneo come un’area cruciale, strettamente legata alla stabilità dell’Europa. A partire da quel momento, dunque, l’Alleanza si è impegnata a sviluppare progressivamente gli aspetti politici, civili e militari del Dialogo Mediterraneo con l’obiettivo di raggiungere una più stretta cooperazione con i Paesi partner, nonché un loro più attivo coinvolgimento.
IL MEDITERRANEO COME PRIORITÀ DECRESCENTE
Negli ultimi anni, però, l’attenzione della NATO si è spostata verso altre priorità strategiche. Quella che durante il vertice di Washington è stata definita “la minaccia più significativa e diretta alla sicurezza degli alleati”, ovvero la guerra russo-ucraina, rimane tuttora la priorità principale. Se il fronte orientale continua a essere considerato dall’Alleanza Atlantica quello più importante, particolare attenzione viene riservata anche all’Indo-Pacifico e alla politica della Cina, descritta come uno sfidante sistemico agli interessi, alla sicurezza e ai valori euro-atlantici.
La regione mediterranea si conferma quindi, di fatto, tra le ultime priorità strategiche dell’Alleanza. Questo, almeno, è quanto emerso chiaramente anche nel luglio 2024, quando il Vertice di Washington ha concentrato la sua attenzione principalmente sul fianco orientale, con l’impegno per un’assistenza alla sicurezza a lungo termine. Al contrario, il Mediterraneo è stato solo marginalmente citato, con pochi accenni all’instabilità della regione MENA e al Mediterranean Dialogue nel comunicato finale. In particolare, il trentaduesimo paragrafo menziona un rapporto sulla regione, redatto da esperti indipendenti su incarico dell’ex segretario generale Stoltenberg, evidenziando l’importanza dei partenariati in Medio Oriente e in Africa per promuovere sicurezza e stabilità.
LE OPPORTUNITÀ DIPLOMATICHE PER L’ITALIA
La scarsa attenzione dell’organizzazione desta preoccupazione per Paesi come l’Italia, la cui politica estera ha una marcata dimensione mediterranea. Tuttavia, questa situazione apre anche un margine di manovra diplomatica, consentendo di assumere un ruolo attivo nella promozione di interessi geo-strategici.
Il rapporto degli esperti sulla regione, pubblicato a maggio 2024, rappresenta un elemento cruciale per l’Italia. Da un lato, il documento propone di rafforzare i meccanismi di cooperazione esistenti, come il Dialogo Mediterraneo e l’Istanbul Cooperation Initiative, lanciata durante il Vertice di Istanbul del 2004. Dall’altro, sottolinea la necessità di aumentare il coinvolgimento e la flessibilità dei partner, ampliando il dialogo a nuovi attori. Tali raccomandazioni risultano particolarmente rilevanti per Roma, che ha un forte interesse nella stabilità della regione MENA e può contare su partenariati bilaterali consolidati con i Paesi del cosiddetto Mediterraneo allargato.
Anche le priorità individuate per la cooperazione tematica offrono spunti significativi per l’Italia: il rafforzamento del buon governo, gli sforzi antiterrorismo e la sicurezza marittima nella regione affrontano questioni centrali per la politica estera italiana. Inoltre, le raccomandazioni relative al cambiamento climatico, alla diplomazia pubblica e alla comunicazione strategica si allineano con le priorità del Piano Mattei per l’Africa, pilastro della politica estera dell’attuale governo. L’interesse italiano per la regione può inoltre tradursi nella creazione di sinergie con altri attori, come l’Unione Africana, il Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC) e la Lega Araba.
Nonostante la parziale sconfitta rappresentata dalla nomina del diplomatico spagnolo Javier Colomina a Rappresentante Speciale per il Vicinato Sud, una carica istituita su impulso del Presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni, le opportunità per l’Italia restano significative. Un esempio è la nomina dell’Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone a Presidente del Comitato Militare della NATO, incarico assunto il 17 gennaio 2025. Inoltre, la presenza a Napoli dell’Hub NATO per il Sud costituisce un asset strategico per l’Italia. Questo Hub, pensato per analizzare le nuove sfide provenienti dal Sud e promuovere la stabilità nella regione del Nord Africa e del Medio Oriente, sottolinea il ruolo cruciale che l’Italia può ricoprire, sia per la sua posizione geografica sia come membro dell’Alleanza Atlantica. La revisione del mandato dell’Hub, richiesta dalla NATO, rappresenta quindi un’occasione per rafforzare ulteriormente la posizione italiana. Anche l’apertura di nuovi uffici di collegamento, come quello in Giordania, apre spazi per l’Italia di accedere a ruoli strategici in Paesi chiave.
Incertezza sul futuro tra tensioni regionali e nuovi equilibri internazionali
Gli sviluppi recenti nella politica internazionale generano un clima di incertezza sulle future linee d’azione della NATO nel Mediterraneo, una regione strategica ma spesso trascurata nelle priorità dell’Alleanza. Le tensioni a Gaza, solo parzialmente alleviate dal cessate il fuoco delle ultime settimane, rappresentano un banco di prova per testare la capacità della NATO di rispondere alle crisi nel suo versante sud. Un maggiore impegno nella regione potrebbe rafforzare la stabilità locale, mitigare i rischi di escalation e offrire un’opportunità per rilanciare il dialogo con i partner del Mediterranean Dialogue. Tuttavia, l’orientamento politico della leadership statunitense rischia di condizionare profondamente le scelte dell’Alleanza.
Con l’insediamento del Presidente Trump e la sua politica di “America First”, la NATO potrebbe essere spinta a concentrarsi maggiormente sulle priorità strategiche degli Stati Uniti, come la competizione con la Cina e la sicurezza nel Pacifico, a discapito del Mediterraneo. Questo spostamento di focus potrebbe comportare una riduzione delle risorse destinate alla regione MENA, limitando il margine d’azione dell’Alleanza per affrontare le sfide di sicurezza derivanti dall’instabilità politica, dai flussi migratori e dalle minacce terroristiche. Inoltre, l’approccio unilaterale di Trump potrebbe scoraggiare iniziative multilaterali nella regione, ponendo un freno ai progetti di cooperazione internazionale che non risultino direttamente legati agli interessi strategici di Washington.
La NATO si troverebbe così a dover bilanciare le richieste del principale contributore dell’Alleanza con le esigenze dei Paesi membri che, come l’Italia, considerano il Mediterraneo centrale per la propria sicurezza e politica estera. In questo contesto, sarà fondamentale che gli Stati europei rafforzino la loro capacità di leadership all’interno della NATO, proponendo soluzioni concrete per mantenere alta l’attenzione verso il Mediterraneo e garantire un impegno continuativo, anche in assenza di un pieno sostegno da parte degli Stati Uniti.
Pubblicato il 22/06/2025
Anna Lucky Dalena (Dossier Difesa, Content Analyst)
BIBLIOGRAFIA
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